Una nuova vita a Singapore, nuovi affetti e anche delle soddisfazioni lavorative: ecco la storia di Laura!
“Amore mi hanno proposto di andare a lavorare a Singapore”
“Coooooooooosa?”
Io, che con fatica avevo lasciato la mia città natale, per vivere a Milano, avrei dovuto considerare la possibilità di trasferirmi nell’emisfero Australe? Giammai!
Le ultime parole famose…
Nonostante gli atroci dubbi, le innumerevoli liste dei pro e contro, la ricerca spasmodica di informazioni ed opinioni di chi già aveva intrapreso quest’esperienza, eccomi lì, dopo otto mesi, intenta a disfare bagagli nella ridente Singapore accompagnata da: un ‘lievissimo’ jet-leg, temperatura percepita di 3000 gradi Fahrenheit e mio marito che era pronto per partire per un viaggio di lavoro in Cina.
Cominciamo bene!
I primi giorni di espatrio sono allo stesso tempo i più difficili ma anche i più facili: si è presi da mille impegni pratici e progetti legati all’idea di un futuro roseo; gli amici e i familiari ti videochiamano, ti messaggiano, ti taggano: “Ci mancate!”, “Tornate presto!”, “Tanto Natale è dietro l’angolo…”, e l’immancabile “Prendete una casa con una stanza in più, che mi trasferisco anche io…”.
Hai una rete di sicurezza fittissima, tutti ti sostengono, vai avanti con il pensiero di rientrare a dicembre e sentire il calore del tuo mondo, delle tue persone.
Poi arriva un momento in cui, dopo che ti sei data quelle prime settimane di assestamento, ti rendi conto che sei letteralmente dall’altra parte del mondo, che dovrai viverci per i prossimi giorni, mesi, anni e potrai contare solo su te stessa. Questo ha significato per me l’espatrio: imparare a contare solo su di me.
Le telefonate dall’Italia si diradano e quelle che prima erano richieste entusiaste sul luogo, il clima, la nuova vita, adesso si trasformano nei compassionevoli “Ma allora che fai tutto il giorno?”
Eh si, perché il marito va a lavoro, talvolta viaggia per settimane e tu, nell’immaginario collettivo, diventi automaticamente una desperate housewife che, caspita!, non si ‘impegna’ neanche a fare un figlio! Mentre tu ti arrovelli a cercare il tuo posto in questa nuova dimensione della tua vita.
Ho letto da qualche parte che c’è un’enorme differenza tra gli emigranti e gli expat.
I primi mollano tutto in cerca, nella maggior parte dei casi, di un futuro migliore, un lavoro, pronti ad abbracciare una vita di sacrifici ma ricca di soddisfazioni (soprattutto professionali) che, nel paese di provenienza, non sono riusciti ad ottenere.
La seconda categoria invece è fatta di professionisti e relative famiglie che vengono trasferiti dalla loro azienda ‘madre’ in altre nazioni godendo di stipendi altissimi e di svariati benefit.
Io mi colloco nel bel mezzo di queste due categorie, non ho mollato tutto in cerca di un futuro ignoto, né sono la moglie del riccone di turno: certo la sicurezza di un affitto pagato dall’azienda in una delle città più care al mondo, per fortuna, ce l’avevo, ma allo stesso tempo sono partita armata di quel senso di rivalsa nei confronti di una vita professionale che, dopo anni di studio, non mi aveva dato i frutti sperati.
La mia nuova vita a Singapore, quindi, è cominciata con due obiettivi principali: socializzare nella speranza di farmi nuovi amici e rimodellare il cv e trovare un lavoro.
In questa città il ‘networking’ viene visto quasi come una ragione di vita, una parola che viene usata da chiunque come una formula magica che pare ti porterà fortuna, lavoro, amici, fagioli magici e galline dalle uova d’oro…quasi mi impauriva!
Per incontrare nuove persone a Singapore ci sono innumerevoli opportunità, la città è un crogiolo di expat e relative associazioni suddivise per nazionalità, ma anche generiche, associazioni di sole donne, di mamme, per amanti dello sport, per imparare nuove lingue: c’è davvero l’imbarazzo della scelta.
Dopo un anno, non senza qualche ostacolo, grazie agli eventi promossi da queste associazioni, ho potuto conoscere alcune delle persone a cui mi sono maggiormente affezionata e che posso oggi definire amici: sono state la mia ricchezza, il mio airbag nei momenti no, la mia ‘coperta di Linus’. Inutile dire che quando si è così lontani da famiglia e affetti, gli amici diventano davvero una risorsa importante, quindi vi auguro di essere fortunati come lo sono stata io.
Con impegno sono riuscita anche a trovare lavoro, anzi ho cambiato ben tre posizioni!!!!
Avevo raggiunto la mia stabilità affettiva e lavorativa, ma sentivo che qualcosa mancava, non mi sentivo totalmente appagata.
Il clima è la principale nota dolente di Singapore (o almeno lo è stato per noi): forte caldo umido, sole che sorge alle 7 del mattino e tramonta alle 19 tutti i santi giorni, la sola alternanza di due stagioni (quella in cui piove di più e quella in cui piove di meno!) ti dà la sensazione di vivere in una bolla, sembra che il tempo non trascorra mai. Anche la distanza dall’Italia e la difficoltà di comunicazione dovuta al fuso è stato motivo di ripensamenti, ed aumentava sempre di più la voglia di tornare.
A fine 2016 è apparsa una nuova opportunità: quella di trasferirci in Olanda, una meta che per svariate ragioni è sempre stata una possibilità presente nella nostra vita. Stavolta abbiamo deciso di coglierla e tra un paio di mesi comincerà questa nuova avventura: Rotterdam arriviamo!!!
Fingers crossed!
Laura, Singapore.
“trasferiti dalla loro azienda ‘madre’ in altre nazioni godendo di stipendi altissimi e di svariati benefit.”
Ci sono pure gli expat accademici, che non stanno certo male, ma di solito gli stipendi altissimi e svariati benefit non li vedono proprio 😀
Vivendo in Giappone sono molto curiosa di come si viva in altri paesi asiatici, grazie del racconto, e buona fortuna per la prossima meta!